Monthly EAS:

di Alessandra Carenzio

Monthly EAS:



Il tema che fa capolino sulla copertina di questo numero è “sicurezza”. Una parola importante, che consola e protegge. Ma cosa significa essere sicuri a scuola? In quale direzione può declinarsi?

Nell’articolo di Luisa Treccani emerge chiaramente il tema della sicurezza in rete che viene discusso non in una cornice prevenuta, bensì propositiva. Come possiamo abitare la contemporaneità in sicurezza e cogliendo bene le opportunità del digitale? Sicurament fornendo ai ragazzi non solo il  sapere tencico, ma la cornice, come ben si evidenzia nelle battute conlusive.

In questo modo le generazioni sapranno padroneggiare le tecnologie entro un’impalcatura umana, una visione antropologica, che non veda l’uomo come individuo immerso in un flusso di informazioni e di reti, ma che sia agente di trasformazione e protagonista attivo del cambiamento.

Un discorso che prosegue nella sezione dedicata al Dossier, curato da Elena Valgolio. Cosa significa per gli insegnanti essere sicuri in rete? Quali sono gli approcci portati in campo e le problematiche emergenti? Molte, come ben discusso nel contributo, riguardano un uso inconsapevole delle immagini dei bambini, un accesso non regolato alla televisione, l’utilizzo di Whatsapp senza criterio, come ci ricorda Anna Soldavini nella sua testimonianza.

E in famiglia? Il tema viene affrontato nel contributo di Lorenza Ferracuti, che riporta la nostra attenzione sulle dinamiche di uitlizzo delle App. Anche in questo caso, la logica non è indirizzata verso la negazione di una utilità (le App sono di fatto potenti scorciatoie, che vanno tuttavia governate, come ben dicevano Gardner e Dvies in App Generation). La dinamica suggerita è di tipo relazionale e lega scuola e famiglia in chiave dialogica e di co-responsabilità.

Favorire il dialogo tra famiglia e scuola in tema di media digitali e culture mediali serve, in buona sostanza, per sostenere il confronto tra genitori e figli e per accompagnare la famiglia in un percorso di cambiamento che è già in corso e che non possiamo censurare spegnendo un dispositivo, disattivando connessioni e apponendo sigilli agli smartphone.

Sulla stessa lunghezza d’onda le attività di coding unplugged proposte nella sezione curata da Serena Triacca. Il codice non funzioan solo come allenamento del pensiero computazionale, ma come palestra di cittadinanza (oltre il codice della massa, per un pensiero personale e profondo).  Pensiamo qui al lavoro di codifica di Dufva, studioso finlandese, che immagina quattro paradigmi per lettura del coding. L’ultimo, quello emancipatorio, racconta di un lavoro di scrittura che consente di superare la “dipendenza dallo script” tipica dell’uso dei dispositivi digitali verso una interpretazione divergente e “liberatoria.

Come sempre il link vi conduce alla pagina della rivista, con la copertina, l’indice, l’editoriale di Pier Cesare Rivoltella e un articolo in versione free.

Questa volta tocca a Lorenza Ferracuti.

 

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