Smart Future. Didattica, media digitali e inclusione

di redazione

Smart Future. Didattica, media digitali e inclusione

Smart Future. Didattica, media digitali e inclusione


smartguturebookTecnologie didattiche nella scuola, rapporto tra istruzione, ricerca e azienda e sviluppo professionale degli insegnanti: questi sono i temi di Smart Future, volume presto disponibile nelle librerie che si propone come un rapporto di ricerca, uno studio di caso e un’ipotesi operativa.

 

La Ricerca

SMART FUTURE è innanzi tutto un progetto internazionale di Corporate Social Responsibility lanciato da Samsung, azienda leader globale nel mercato della tecnologia, in molti dei Paesi in cui è presente e avviato in Italia nel giugno 2013, per promuovere la digitalizzazione dell’istruzione attraverso la fornitura di tecnologie all’avanguardia quali E-boards e tablet e grazie ad un processo di formazione indirizzato in prima battuta agli insegnanti e, di conseguenza, agli studenti e alle loro famiglie.

Attraverso l’Osservatorio sui media e i contenuti digitali nella scuola – costituito presso il CREMIT (Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Informazione e alla Tecnologia) dell’Università Cattolica di Milano (cap. 4) – è stato messo a punto un monitoraggio che ha consentito non solo di coordinare il lavoro degli insegnanti coinvolti, ma soprattutto di valutare in modo scientifico, facendo leva su una ricerca quali-quantitativa, le attività in corso negli istituti raccogliendo le esperienze e i commenti di docenti, dirigenti scolastici e genitori (cap. 5).

Lo studio di caso

Il taglio di questa indagine è quello dello studio di caso, declinato secondo due diversi livelli: la rete di rapporti che il progetto ha consentito di annodare tra l’azienda e le scuole, l’azienda e l’Università, l’Università e le scuole. Su tutti e tre i versanti, il progetto SMART FUTURE è stato caratterizzato da una discontinuità rispetto a quanto normalmente accade: la tradizionale diffidenza della scuola nei confronti dell’azienda è stata superata in favore di un’alleanza costruita sulla consapevolezza e sulla responsabilità sociale; la distanza dell’Università dall’azienda (almeno per quanto riguarda le scienze umane) è stata sostituita da una partnership in cui la ricerca è diventata un processo di counseling e opportunità di miglioramento su entrambi i fronti; l’Università e la scuola, infine, hanno creato un circuito virtuoso che lega teoria e prassi (cap. 2).

Il secondo livello di lettura consente invece di apprezzare i principali risultati registrati dall’équipe di ricerca e intervento. È questo il contenuto della seconda parte del volume, dove è possibile approfondire le problematiche che il primo impatto con la tecnologia ha generato sia in termini di opacità sia di criticità di sistema che la sua integrazione comporta (cap. 6). A un livello superiore si collocano le complesse dinamiche che sostengono tanto le rappresentazioni della tecnologia degli insegnanti (e che finiscono per guidarne l’uso) che i dispositivi di attesa che si generano tanto a scuola che nelle famiglie (cap. 7). L’analisi osservativa del lavoro in classe e lo studio delle pratiche in contesto di insegnanti e studenti completano il quadro fornendo uno spaccato vivace di scuola vissuta (cap. 8).

Ipotesi operativa

Il libro è anche un’ipotesi operativa perché può essere utilizzato dai policy makers, o dai dirigenti scolastici, come una sorta di manuale di quel che occorre – a livello tecnologico, organizzativo e didattico – quando si intende promuovere l’innovazione attraverso le tecnologie digitali. Inoltre, nella sua parte conclusiva, il volume propone un modello di sviluppo professionale degli insegnanti coinvolti che si costruisce sul ruolo guida dell’Università, sulla doppia identità, di ricercatore e attore, del professionista – tipica di tutte le forme di Ricerca-Intervento e sulla community come risorsa per attingere, condividere e confrontare in maniera riflessiva le pratiche professionali (cap. 9).

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