Dal formale all’informale e ritorno: the second chance

di Iole Galbusera

Dal formale all’informale e ritorno: the second chance

Dal formale all’informale e ritorno: the second chance


di Eleonora Mazzotti e Iole Galbusera

Si può dare una seconda possibilità ai saperi informali?

Certamente. Anzi, onere e onore della scuola, oggi più che mai, è provare a valorizzare l’informale colmando il gap tra il formale e l’informale. 

Doverosa, una prima distinzione tra i saperi e gli apprendimenti che possono contribuire alla crescita culturale della persona, a scuola e fuori, per iniziare a comprenderne le logiche, oltre a differenze e affinità: l’apprendimento formale è quello offerto dalle istituzioni scolastiche e formative che garantiscono una certificazione; l’apprendimento non formale è quello intermediario derivante da attività pianificate, ma non organizzate ai fini di una certificazione; l’apprendimento informale è quello che avviene nei contesti extrascolastici e negli ambienti della vita familiare e aggregativa, dove non sono previste né valutazioni né certificazioni.    

L’informale, in particolar modo, è spesso abitato dalle tecnologie. Non solo le nostre esigenze e necessità sono mediate, ma anche le nostre relazioni, la nostra memoria, i nostri contatti. Compito della scuola non è solo portare le tecnologie in classe con l’illusione, così, di creare una “scuola tecnologica e digitale”. Lo sforzo è di acquisire le logiche e portarle all’interno di una didattica innovativa ed efficace.
I nuovi media inoltre sono proiettati piuttosto verso la sfera etica della cittadinanza digitale. Far scuola così fornisce ai giovani risposte e supporto per essere protagonisti della loro cultura nella società dell’informazione. Per la scuola significa educare a una partecipazione attiva alla vita democratica, «tale riconoscimento implica anche una curricolarizzazione di certi settori della vita quotidiana, una trasformazione di alcuni aspetti dell’esperienza in una forma di pedagogia esplicita», a partire anche e soprattutto dalle nuove tecnologie. 

Rivoltella P.C. (2012), Neurodidattica. Insegnare al cervello che apprende

Leggendo i diversi ambienti come un continuum le cui parti sono tenute insieme dalla mia esperienza, importo ed esporto da uno all’altro di questi ambienti le informazioni che li riguardano usandole di volta in volta in contesti nuovi per i quali non erano state pensate.

Vien da sè come sia necessario accompagnare la didattica promuovendo un apprendimento multiliteracy, flessibile e dinamico, in grado di muoversi trasversalmente rispetto ai diversi setting e sistemi di codici. Parlando di formati, i linguaggi mediali appartengono storicamente all’informale, ma si inseriscono tra i nuovi traguardi di competenza digitale previsti dal MIUR a partire da gennaio 2018; per quanto riguarda i contenuti, invece, i nuovi e vecchi media sono materia di studio e sperimentazione culturale non direttamente scolastica; rispetto alle prospettive, infine, la Media Education da sempre propone temi disciplinari formali dentro una cornice di approccio e metodo informale. 

Per tornare alla domanda iniziale, si può dare una seconda possibilità ai saperi informali promuovendo una conoscenza formale sempre in contesto, ossia fortemente intrecciata e sostenuta dalle pratiche extrascolastiche degli alunni, per ridare significato e sapore tanto al conosciuto quanto al nuovo, sia che si tratti di un sapere formale o informale.   

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