Leggere e scrivere immersi nei media: rallentare, pensare, discernere

di Stefano Pasta

Leggere e scrivere immersi nei media: rallentare, pensare, discernere

Leggere e scrivere immersi nei media: rallentare, pensare, discernere


L’Università Cattolica promuove l’itinerario di formazione “Work-Catt – I media nell’agire professionalizzante: percorsi di accompagnamento per docenti di scuola dell’infanzia e primaria”, realizzato da docenti e formatori del CREMIT. Pier Cesare Rivoltella, che ne cura la direzione scientifica, ha aperto il corso con una lezione dal titolo “Le competenze digitali in ambito scolastico – saper “leggere” e “scrivere” (con) i nuovi alfabeti, linguaggi e tecnologie”. Ne riportiamo qui alcuni passaggi significativi.

Come ragionarci?
È necessario pensare alla competenza digitale come ad una chiave di accesso per formare cittadini in grado di adattarsi dentro la società dell’informazione.
Proviamo a rispondere a queste tre domande:

1. Cosa significa essere immersi nei media?

Significa che stiamo vivendo la rivoluzione dell’informazione.
A seconda dei punti di vista è la terza o la quarta:

Vision di chi sostiene che siamo nella Terza rivoluzione:
• si guarda e si interpreta dal punto di vista in cui si produce la ricchezza.
Siamo nell’avvento di un terzo mondo dopo la rivoluzione agraria e la rivoluzione industriale.

La specificità e il valore non sono più la merce, ma sono le informazioni: siamo noi! Nella terza rivoluzione le informazioni che hanno valore sono quelle legate al tracciamento di ciò che noi svolgiamo.

Vision di chi sostiene che siamo nella Quarta rivoluzione:
Luciano Floridi ne “La quarta rivoluzione” guarda al posto e al significato dell’uomo nel cosmo.

  1. La Rivoluzione copernicana ha preso l’uomo e l’ha spostato dal centro dell’universo.
  2. La Rivoluzione Darwiniana ci dice che non siamo separati dal regno animale.
  3. La Rivoluzione Freudiana che si completa nella rivoluzione neuroscientifica ci dice che il soggetto come invenzione dell’età moderna è alla base della ragione strumentale.
  4. La Rivoluzione computazionale ci dice non siamo agenti newtoniani, ma organismi informazionali: dati, vita artificiale, machine learning… L’obiettivo è il quantify self: siamo il risultato delle informazioni che ci portiamo dietro.

Notiamo che anche da punti di vista diversi arriviamo a dire la stessa cosa: siamo un insieme di informazioni, siamo dati.

Alla scuola dell’infanzia e alla primaria affrontiamo il tema: “come gestisci le informazioni che ti riguardano?”

2. Cosa intendiamo dire quando parliamo di “cultura digitale”?

La cultura del digitale ha alla base tre aspetti:

  • • è una cultura mediata:
    • • fa riferimento al ruolo dei media.
    • • I media mediano e si interpongono tra noi e la realtà. Questo qualcosa che si interpone è opaco, non c’è trasparenza, ma c’è costruzione.
    • • I media hanno potere: accediamo alle cose, ma quale immagine e quale rappresentazione? Il mondo mi entra in casa (cfr. McLuhan) come grande opportunità, ma il mondo non lo stringo, non lo vedo e non ce l’ho più sotto mano.
      Si rischia di passare dalla rappresentazione all’esposizione.
      Se la rappresentazione permette di mettere a confronto, l’esposizione manca di referente: l’immagine della realtà sono nuove forme di realtà.
      L’esposizione è il vero significato della oscenità.
      Quando tutto è mostrato viene tolto ciò che porta alla fantasia.
  • • è una cultura disintermediata: i media sono diventati autoriali. Oggi con i media posso produrre contenuti. Non mi serve più bussare alla porta di qualcuno per pubblicare.
  • • è una cultura dell’informazione: big data, machine learning. Quasi il 30% delle professioni sarà legata alle informazioni.

3. Quali opportunità e quali sfide?

  • • Sganciamento dallo spazio e dal tempo: portabilità
    Si tratta di un’opportunità o di una sfida? Grazie al cloud ho sempre tutto con me: il miracolo della connessione. Everywhere anytime.
    Problema: siamo senza scampo… Occorre la riconfigurazione del tempo libero: dobbiamo ritagliarcelo.
    Come sosteneva Marcuse, questa società ha trovato il modo di inventare il concetto di tempo libero, poi ci ha costruito attorno tutta una serie di bisogni creando le condizioni che le persone debbano essere condizionate da ciò che la massa ci dice.
  • • Disponibilità delle informazioni
    Sono tante, sono troppe, non si capisce cosa mi serva e cosa no. Chi ha detto cosa per la prima volta?
    L’information literacy è importantissima: i ragazzi devono imparare a selezionare, archiviare, elaborare.
  • • Self generated content
    Siamo tutti autori e abbiamo tanti punti di vista con una ricchezza di prospettive.
  • • Tema del sé computazionale o informazionale

Pier Cesare Rivoltella rilancia con tre sollecitazioni:

  1. Rallentare: siamo abituati al pensiero veloce, alla risposta irriflessa e intuitiva. In una società in accelerazione non ho tempo di prendermi del tempo per fare un’analisi compiuta e distesa dei dati, devo rispondere in tempo reale.
  2. Pensare: dobbiamo abituare i nostri studenti al senso critico, al pensiero profondo.
  3. Discernere: è bene praticare l’esercizio della responsabilità, ossia saper individuare il valore delle proprie azioni e ragionare sugli effetti possibili di quello che sto per fare.

Qui il programma: WORK-CATT. I Media nell’agire professionalizzante: percorsi di accompagnamento per docenti di scuola dell’infanzia e primaria.

Di seguito, il resoconto dei primi interventi.
MICHELE MARANGI, Leggere, analizzare e interpretare i nuovi linguaggi multimediali di Michele Marangi
L’obiettivo formativo non era tanto quello di sintetizzare in poche ore il metodo della Media Education rispetto all’analisi dei formati mediali, ma piuttosto quello di interrogarsi e confrontarsi sulle trasformazione che il digitale sta operando nella fruizione dei media da parte dei bambini e delle bambine di oggi, ovviamente con riferimento alle fasce del nido, della scuola d’infanzia e della scuola primaria.
In questo senso, le parole chiave del titolo – leggere, analizzare e interpretare – sono state rielaborate da un piano più strumentale e metodologico a una dimensione socio-culturale e pedagogica, con una domanda che ha strutturato l’incontro: digitale e infanzia, si può fare?
Si è sviluppato un ricco confronto sulla necessità e possibilità di mediare in modo consapevole tra linguaggi, codici e stili espressivi differenti, intrecciando le competenze formali e didattiche con quelle informali e personali, favorendo la continuità e la collaborazione tra scuole e famiglie. Con l’obiettivo di valorizzare sempre la dimensione pedagogica, senza fermarsi al dato meramente tecnologico.
WORKSHOP INFANZIA, Fare coding all’infanzia di Irene Mauro e Federica Pelizzari
I temi trattati riguardavano quanto l’apprendimento potesse far leva sulle dinamiche del coding e del pensiero computazionale.
Essi, intese come strategie di azione, possono aiutare il bambino a comprendere quali possibilità di azione sono disponibili di fronte a un’esperienza e a scegliere quale tattica di problem solving attivare.
WORKSHOP PRIMARIA, Analizzare il linguaggio audiovisivo di un film d’animazione di Eleonora Mazzotti e Iole Galbusera
A partire da un video-stimolo e delle domande guida, si è cercato di riflettere su come scegliere un film d’animazione a scopo didattico e su come condurre un’analisi dell’audiovisivo completa e adatta ai vari target; si è inoltre condotto un’attività pratica di esercitazione e discusso anche sull’utilità del video in classe.
Gli obiettivi che la formazione si era prefissata e ha raggiunto sono stati:
  • – Cogliere come l’analisi possa essere uno strumento necessario e funzionale anche per i bambini piccoli;
  • – Testare un approccio metodologico, “ai” e “con” i media;
  • – Sperimentare l’analisi audiovisiva e tradurla in attività pratica;
  • – Riconoscere materiali audiovisivi  e altre risorse utili in classe.

Uno Steller ne riassume i momenti salienti, al seguente link.

Elena Valgoglio

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