[Libro], Il commento al Messaggio del Papa curato da Rivoltella e Maffeis

di Stefano Pasta

[Libro], Il commento al Messaggio del Papa curato da Rivoltella e Maffeis

[Libro], Il commento al Messaggio del Papa curato da Rivoltella e Maffeis


Pubblichiamo una parte dell’Introduzione dei due curatori, don Ivan Maffeis (direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della Cei) e Pier Cesare Rivoltella (direttore del Cremit) del libro edito da ‘Morcelliana-Scholé”

Per il quarto anno consecutivo studiosi e professionisti della comunicazione approfondiscono il Messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali: “Siamo membra gli uni degli altri” (Ef 4,25). Dalle social network communities alla comunità umana. I commenti offrono una pluralità di sguardi (socio-culturale, letterario, filosofico, semiotico, etico, giornalistico, teologico, pedagogico) e approcci per comprendere appieno la riflessione del Papa, il suo invito a saper abitare con passo sicuro e responsabile lo scenario attuale. Il volume è arricchito da strumenti per aiutare famiglie, educatori, insegnanti e animatori a “tradurre” il corpus del Messaggio in pratiche pastorali.

L’indicazione di papa Francesco è chiara: ripartiamo dalla comunità. Nelle teorie sociologiche classiche, il concetto di comunità (Gemeinschaft) viene nettamente distinto da quello di società (Gesellschaft). Tale differenza è giustificata da una serie di caratteristiche specifiche:

  • mentre la società è contraddistinta dall’assenza di un luogo, la comunità costruisce la sua identità a partire proprio da un luogo (la città, il quartiere);
  •  in virtù di quest’appartenenza, la comunità assume le forme di una sociabilità densa, fatta di relazioni familiari, di parentela, di gruppo, e quindi improntata a quella che Émile Durkheim definisce solidarietà meccanica; al contrario la società è segnata dall’instabilità dei vincoli, vede prevalere l’individuo sul gruppo e assiste allo svilupparsi di una solidarietà organica;
  • se nella comunità i membri sono uniti dalla volontà di condividere esperienze e destino, la società è esposta all’assenza di motivazioni e scopi.

La comparsa e la diffusione delle reti digitali modifica in profondità questa lettura. Infatti, nel nuovo contesto quelle che sembravano caratteristiche distintive e incomponibili diventano aspetti compossibili nella definizione di una web community. In essa, ad esempio, pur in assenza di un luogo fisico in cui identificarsi (la Rete è immateriale), vivono comunque processi di identificazione e appartenenza, come avviene in un gruppo di Facebook. La stessa instabilità dei vincoli (si può aderire a un gruppo e poi uscirne con grande facilità) non impedisce il costituirsi di una solidarietà organica. Soprattutto, in quel tipo particolare di community nota come “comunità di affinità”, è facile ritrovare la volontà di condividere motivazioni e scopi anche se sganciati dall’idea di un destino comune.

Oltre a favorire un ripensamento teorico che rende sottili i confini tra comunità e società, le web communities mostrano almeno tre nuovi aspetti.

In primo luogo, esse non costituiscono un territorio, ma uno spazio semantico. In quanto tali, le communities dispongono di grammatiche interne ed esterne: le prime sono le regole che occorre conoscere per stare dentro uno spazio semantico, come accade per il gioco degli scacchi o per qualsiasi videogioco; le altre sono, invece, le regole di secondo livello che chi appartiene alla community definisce per usare con più efficacia le grammatiche interne. Proprio questo secondo tipo di grammatiche spiega il perché sia difficile stare in una community, se non in una logica di affinità e collaborazione.

Inoltre, in quanto spazi semantici, le communities non sono più caratterizzate dalla presenza fisica dei loro membri, ma dalla loro presenza fàtica. La funzione fàtica della comunicazione consiste nel tenere aperto il canale di comunicazione: è comunicazione fàtica accertarsi che l’altro ci ascolti, sia connesso. Alla stessa stregua, non si può stare in una community senza dare segnali della propria esistenza: in Rete chi non si fa presente comunicando è come se non esistesse. Un aspetto, questo, che rimanda a certi eccessi della comunicazione online: l’ansia di avere campo, il controllo compulsivo delle notifiche, la connessione senza soluzione di continuità.

Infine, nelle comunità online emergono la scrittura emotiva e la valenza pragmatica della comunicazione, che non guarda al contenuto, ma all’efficacia, agli effetti sul destinatario. Nel web questi effetti sono prodotti attraverso la scrittura con il risultato di dare conferma a quel che diceva John Austin6 quando sosteneva che con le parole si possono fare cose. Lo sperimentiamo ogni volta che grazie alla Rete confortiamo qualcuno, gli diamo consigli, gli facciamo sentire la nostra amicizia, collaboriamo per risolvere problemi; ma anche ogni volta che la Rete diventa spazio del malinteso, della mormorazione, dell’aggressione verbale. In tutti questi casi le nostre parole “fanno cose”. E le fanno avvalendosi del risvolto emotivo della scrittura, sia la compassione o la solidarietà, come purtroppo anche la rabbia.

Accingersi a commentare il Messaggio del Santo Padre per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali – un Messaggio che trova proprio nel passaggio “dalla community alla comunità” il proprio fulcro – significa considerare che la community può essere il luogo di una solidarietà leggera con i suoi vincoli a bassa definizione, ma anche che comunità può a sua volta significare chiusura identitaria e rifiuto del diverso.

Con questa consapevolezza, per il quarto anno consecutivo abbiamo chiesto a studiosi e professionisti della comunicazione di aiutarci a leggere e approfondire il Messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, dedicata quest’anno al tema “Siamo membra gli uni degli altri” (Ef 4,25). Dalle social network communities alla comunità umana. L’intento del presente volume è quello di potersi addentrare tra le pieghe del testo utilizzando una pluralità di sguardi e approcci disciplinari, accompagnando così la comunità tutta a comprendere appieno l’invito del Papa a saper abitare con passo sicuro e responsabile lo scenario attuale, costituito tanto dalla Rete quanto dalla dimensione sociale: community e comunità.

Un lavoro, il nostro, che nasce da una sinergia progettuale consolidata tra l’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana e il Centro di ricerca CREMIT (Centro di ricerca sull’educazione ai media, all’innovazione e alla tecnologia) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, cui da quest’anno si aggiunge anche l’Unione cattolica stampa italiana – UCSI, in concomitanza con il sessantesimo di attività.

don Ivan Maffeis, Pier Cesare Rivoltella

Indice

Ivan Maffeis – Pier Cesare Rivoltella, Introduzione
Ivan Maffeis, Da community a comunità, il ruolo dell’informazione
Paolo Ruffini, Siamo tutti coinvolti
Giuseppe Tognon, Tra solitudine e comunità
Lorenzo Zani, La Chiesa nasce dalla comunione di amore della Trinità
Eraldo Affinati, Tutti per mano
Vania De Luca, Per ri-costruire comunità e coesione sociale
Adriano Fabris, Le ambiguità della Rete e la comunità delle persone
Pier C. Rivoltella, Comunicare, educare ed essere comunità nell’era dei social

Schede operative di Alessandra Carenzio, Elisa Farinacci, Massimo Giraldi, Vincenzo Grienti, Sergio Perugini, Stefano Proietti, Marco Rondonotti.

Per ulteriori approfondimenti consigliamo anche

  1. Video Intervista a don Ivan Maffeis, 31 Maggio 2019 53^ Giornata per le Comunicazioni Sociali, l’intervista a don Ivan Maffeis
  2. Gigio Rancilio, 1 giugno 2019Internet. Sui social per incontrare e ascoltare. E non da narcisi indignati”

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