Smartphone, social media e salute mentale degli adolescenti: una mappa per orientarsi tra rischi, evidenze e policy

di redazione

Smartphone, social media e salute mentale degli adolescenti: una mappa per orientarsi tra rischi, evidenze e policy

Smartphone, social media e salute mentale degli adolescenti:  una mappa per orientarsi tra rischi, evidenze e policy


di Matteo Mancini

Le preoccupazioni legate all’impatto di smartphone e social media sulla salute mentale degli adolescenti si fanno ogni giorno più urgenti: cosa sta succedendo alla generazione cresciuta con un telefono in mano? È davvero in crisi il loro equilibrio psicologico? E se sì, quanto c’entrano gli ambienti digitali che frequentano ogni giorno?

Uno studio internazionale, tra i più ampi mai condotti sul tema, cerca di rispondere a queste domande. Pubblicato come preprint su SSRN e guidato da Capraro e colleghi (2024), ha coinvolto oltre 120 esperti da tutto il mondo, utilizzando il metodo Delphi per raggiungere un consenso su 26 affermazioni relative a benessere mentale, uso delle tecnologie e strategie di intervento. Ne emerge una fotografia complessa, ma inequivocabile: la salute mentale degli adolescenti è in affanno.

Il primo nodo emerso dallo studio è la convinzione diffusa — supportata da dati longitudinali e analisi epidemiologiche — che la salute mentale degli adolescenti sia in netto peggioramento, soprattutto nel mondo anglosassone e in Europa occidentale. Negli Stati Uniti, il 91% degli esperti interpellati afferma che la salute mentale giovanile è in declino. Ma ciò che colpisce ancora di più è la differenza di genere: secondo due terzi del panel, sono le ragazze a soffrirne in modo più marcato.

Questo divario è spiegato attraverso dinamiche specifiche, in particolare legate al mondo dei social media: confronto sociale visivo, pressione estetica, esposizione a contenuti su disturbi psicologici, molestie online. Il 79% degli esperti è convinto che le ragazze siano soggette a un confronto costante e stressante con modelli irrealistici, che alimenta insicurezze, ansia e sintomi depressivi.

Smartphone e social media non sono di per sé il “nemico”, ma sono parte di un sistema. Le dimensioni più problematiche individuate sono tre:

  • Frammentazione dell’attenzione: il 72% ritiene che gli smartphone compromettano la capacità di concentrazione. Tuttavia, solo il 45% collega in modo diretto questa frammentazione a un peggioramento clinico del benessere mentale — segno di un nesso da indagare con più rigore.
  • Dipendenza comportamentale: qui il consenso è più netto. Il 72% parla di un uso compulsivo e dannoso, e l’84% lo associa a esiti negativi sulla salute mentale. Si parla di un pattern comportamentale in linea con le definizioni cliniche del DSM-5.
  • Privazione del sonno e isolamento sociale: due fattori di rischio universali. Il 97% degli esperti riconosce che dormire poco — spesso a causa dell’uso notturno dei dispositivi — compromette la salute mentale. Similmente, il 96% sottolinea il legame tra solitudine sociale e disagio psicologico, sottolineando come le relazioni digitali non sempre compensino la mancanza di contatto umano reale.

Se il quadro diagnostico è chiaro, più controversa è la questione delle soluzioni. Diverse proposte raccolgono interesse ma anche dubbi. Ad esempio:

  • Ritardare l’età del primo smartphone è una misura condivisa dal 68% degli esperti, ma solo il 28% considera forti le evidenze a sostegno.
  • Scuole senza telefoni: appoggiate teoricamente da quasi il 70% degli intervistati, ma ancora poco supportate da ricerche causali convincenti.

Il rischio, avvertono gli studiosi, è che interventi troppo rigidi possano danneggiare proprio i soggetti più fragili. Per adolescenti LGBTQ+, studenti con disabilità o ragazzi che vivono in contesti familiari difficili, il digitale può rappresentare un’ancora di salvezza, un canale di espressione e connessione insostituibile.

Lo studio si conclude con cinque raccomandazioni fondamentali, che offrono una bussola per orientarsi tra emergenza e complessità:

  1. Chiarire i concetti in uso: cosa si intende esattamente per “dipendenza da smartphone”? E per “benessere digitale”?
  2. Esplorare i fattori individuali e culturali che modulano gli effetti.
  3. Investire in studi longitudinali, con disegni robusti e comparativi.
  4. Estendere le indagini a contesti non occidentali e meno digitalizzati.
  5. Valutare l’impatto reale delle politiche già attuate e di quelle future.

Occorre resistere alla tentazione delle risposte facili. Il disagio c’è, ed è profondo. Ma le sue cause sono molteplici, interconnesse, in parte ancora opache. Demonizzare il digitale non serve; serve invece un accompagnamento educativo competente, attento, radicato nel quotidiano.

Questo studio non ci dice cosa vietare, ma cosa osservare con più attenzione. Ci invita a smettere di chiedere se il digitale fa “bene o male”, e iniziare a chiederci come possiamo renderlo più giusto, più umano, più vivibile per tutti e tutte.

Riferimenti

American Psychiatric Association. (2022). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed., text rev.; DSM-5-TR). Washington, DC: Author.

Capraro, V., Globig, L. K., Rausch, Z., Rathje, S., Wormley, A. S., Olson, J. A., … & Van Bavel, J. J. (2024). A consensus statement on potential negative impacts of smartphone and social media use on adolescent mental health [Preprint]. SSRN. https://doi.org/10.2139/ssrn.5256747

Hsu, C.-C., & Sandford, B. A. (2007). The Delphi technique: Making sense of consensus. Practical Assessment, Research & Evaluation, 12(10), 1–8. https://doi.org/10.7275/pdz9-th90

Linstone, H. A., & Turoff, M. (Eds.). (2002). The Delphi method: Techniques and applications. Reading, MA: Addison-Wesley. https://web.njit.edu/~turoff/pubs/delphibook/

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