[Video] Ripensare l’educazione nel XXI secolo, una sfida per la contemporaneità

di Maria Cristina Garbui

[Video] Ripensare l’educazione nel XXI secolo, una sfida per la contemporaneità

[Video] Ripensare l’educazione nel XXI secolo, una sfida per la contemporaneità


di Martina Migliavacca, CREMIT

Nel pomeriggio di venerdì 18 dicembre 2020 si è svolto il primo appuntamento del ciclo di incontri di carattere internazionale “Ripensare l’educazione nel XXI secolo. Incontri per riflettere, proporre, agire”.

L’evento ha preso avvio con un videomessaggio del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ha sottolineato come negli ultimi mesi la didattica a distanza sia stata manifestazione di uno sforzo collettivo che ha permesso di mantenere “vivo il filo diretto con la scuola”, sottolineando nel contempo la necessità stringente di far tornare gli alunni nelle classi il prima possibile e definendo la didattica in presenza “insostituibile”. Ricalcando l’obbiettivo di questo ciclo di incontri, Giuseppe Conte afferma come ci si trovi oggi di fronte alla necessità di ripensare il sistema didattico ed educativo andando incontro ai giovani e facendoli appassionare alla scuola. È attraverso questi messaggi che sottolineano la centralità dell’istruzione che Presidente del Consiglio ha dichiarato che la scuola è “un moltiplicatore di valore” esprimendo la volontà di investire sul sistema scolastico ed educativo.

Il Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina ha successivamente esplicitato il significato del ciclo di incontri che si articolerà in quattro appuntamenti e permetterà di mettere in evidenza, attraverso interventi di esperti nazionali ed internazionali, idee, proposte e traiettorie per guardare al futuro, partendo dagli interrogativi emersi nel presente.  

In questo che costituisce il primo di quattro appuntamenti, Edoardo Camurri ha moderato gli interventi di cinque esperti che, in chiave multidisciplinare, hanno analizzato il momento attuale della realtà scolastica, evidenziando anche alcune sue criticità, con l’intento di “porre il germoglio per guardare al domani”. I lavori proseguiranno nella mattinata di sabato 19 dicembre 2020.

Il primo intervento a cura della professoressa Simonetta Polenghi (Docente Ordinario di Storia della Pedagogia presso UCSC di Milano, Presidente della SIPED) ha messo in luce il valore del ruolo della pedagogia universitaria per la scuola, fondamentale per guardare al passato avendo coscienza delle proprie radici, ma anche per sviluppare “uno sguardo consapevole al presente e al futuro dove (…) sia riconosciuto all’insegnante il suo ruolo nella società e lo sforzo che la scuola sta compiendo e che la pedagogia accademica sostiene e continuerà a sostenere”.

Attraverso il secondo intervento, la professoressa Carol Ann Tomlinson (Docente Ordinario di Pedagogia presso l’Università della Virginia, USA) ha proposto una riflessione sul tema della diversificazione, prendendola come modello pedagogico in cui l’alunno è al centro della presa di decisione e l’insegnante deve lavorare per capire i bisogni di ciascuno studente e della classe. La diversificazione, considerata elemento cardine della scuola e dell’educazione del XXI secolo, chiede “all’insegnante di insegnare allo studente, non agli studenti” e porta alla necessità di un “cambiamento non repentino, ma di filosofia”, modificando lo schema tradizionale dell’istruzione.

Il terzo relatore, Luca Solesin (responsabile del settore educazione di Ashoka), ragiona sul tema del cambiamento legato alla dimensione temporale dell’educazione che porta a suo avviso alla necessità di individuare un nuovo pilastro dell’educazione, l’“imparare a diventare”, pilastro che pone al centro gli studenti e che consente di “capire di cosa hanno bisogno loro per poter imprimere una direzione al cambiamento”.

Il professor Melloni (Docente Ordinario di Storia delle Religioni presso l’università di Modena e Reggio Emilia), invece, propone una riflessione legata alla “passione per l’eguaglianza educativa” che l’emergenza sanitaria ha portato allo scoperto; “la disuguaglianza educativa va combattuta perché è giusto farlo, perché pone l’esigenza di fare la cosa giusta e di farla nel modo giusto”.

L’intervento del professor Pier Cesare Rivoltella – che è possibile ascoltare a partire dal minuto 2:33:24 – dal titolo “La didattica al tempo della mediatizzazione. Tra retrotopia e innovazione” offre la possibilità di riflettere da un triplice punto di vista.

Il primo consente di far emergere tre chiare e rilevanti considerazioni che l’emergenza sanitaria ha portato allo scoperto:

  1. è emersa la geografia diversificata della scuola italiana rispetto ai temi dell’innovazione che ha disegnato una situazione a macchia di leopardo con l’emergere di “isole di eccellenza alternate a zone d’ombra”, segnale tangibile che si tratta di discrepanza dovuta al metodo: “dove già esisteva una cultura del digitale […] si sono creati dei veri e propri laboratori dell’innovazione”, mentre laddove “il problema non era stato affrontato con serietà […]  si è replicata la scuola a casa”
  2. il livello di diffusione sociale delle tecnologie digitali ha consentito di comprendere come il divario digitale era di solito sintomo di un divario culturale e quest’ultimo di un disagio economico e sociale
  3. la discorsivizzazione sociale ha reso netta ed esplicita “la separazione tra i discorsi della ricerca e i discorsi della piazza”, facendo cogliere come la semplificazione di questi ultimi non siano compatibili con la complessità della realtà che le risposte della ricerca cercano di descrivere.

Il secondo punto di vista che è emerso dall’intervento del Direttore del CREMIT consente di riflettere sul “processo di diffusione capillare dei dispositivi nella nostra vita che va sotto il nome di mediatizzazione”, esplicitando almeno tre opportunità che essa offre alla scuola:

  1. l’importanza di tematizzare la questione della cittadinanza digitale come questione etica
  2. l’importanza di sviluppare nei cittadini del domani il pensiero critico
  3. l’importanza di cogliere correttamente il senso dell’innovazione e del suo rapporto con la tradizione, fugando dal rischio dell’idea utopica (il nuovo deve sostituire il vecchio perché migliore), da quello dell’idea distopica (il nuovo comporta “rinuncia a tutto ciò che in passato aveva valore”), ma anche dal rischio di retrotopia (ricerca di riparo nel passato).

Il terzo punto di vista che è stato messo in luce dall’intervento del Professor Rivoltella ha consentito di individuare tre livelli attraverso i quali la ricerca didattica può guidare la scuola verso il futuro a partire dalla lezione dell’emergenza attuale:

1. il livello dell’organizzazione della scuola che suggerisce la necessità di concretizzare una flessibilizzazione in nome dell’autonomia scolastica al fine di pilotare la scuola verso “una scuola aumentata e ibridata”.

2. il livello della pratica didattica che pone al centro l’importanza dell’esplicitazione della progettazione per rispondere alla necessità del rispetto del carico cognitivo in un’ottica di microlearning, della concretizzazione di una “comunicazione dialogica, relazionale e focalizzata”

3. il livello della professionalità degli insegnanti che si basa non solo sulla padronanza dei contenuti disciplinari, ma anche sulla consapevolezza metodologica che si concretizza con pratiche, metodi ed evidenze di ricerca (collegialità, riflessività, condivisione di pratiche…).

Un intervento, quello del Professor Rivoltella, chiaro ed estremamente significativo per poter trarre insegnamenti dal presente, senza rimanere

“aggrappati alle soluzioni del passato con l’idea che reiterandole funzionino”, ma avendo “il coraggio di immaginare il futuro”

pensando a quali condizioni questo sia possibile.


Per approfondire:

La didattica al tempo della mediatizzazione. Tra retrotopia e innovazione – Intervento integrale del professor Pier Cesare Rivoltella

La didattica al tempo della mediatizzazione. Tra retrotopia e innovazione di Pier Cesare Rivoltella – WeCa

Educazione: Rivoltella (Univ. Cattolica), “la didattica richiede una comunicazione dialogica e un sostegno cognitivo e relazionale”

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