Divario digitale e DAD: urgenza oltre l’emergenza

di Sara Lo Jacono

Divario digitale e DAD: urgenza oltre l’emergenza

Divario digitale e DAD: urgenza oltre l’emergenza


di Anna Molinari, Laureata in Media Education

In questi mesi in cui l’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia di Covid-19 ha costretto la scuola e gli insegnanti a intraprendere la didattica a distanza servendosi delle tecnologie digitali per l’insegnamento e per l’apprendimento, una tra le tante questioni in primo piano e dal carattere problematico, che si è resa evidente e concreta, rappresentando non più qualcosa di distante e che interessa esclusivamente altri (ad esempio i Paesi in via di sviluppo, il genere, gli anziani), concerne l’impossibilità o la difficoltà per molti studenti nel nostro Paese di disporre di propri devices personali e di un’adeguata connessione nell’ambiente domestico per fruire e produrre contenuti per l’apprendimento.

All’interno del discorso pubblico, accostata alla scuola, è ricomparsa l’espressione “divario digitale”, nella quale rientrano principalmente coloro che – bambini, ragazzi e famiglie – sono soggetti a svantaggio economico, sociale e culturale e quindi a rischio rispetto ai loro coetanei di rimanere indietro. L’ampiezza del problema con cui ci si deve scontrare e la ricerca di interventi tampone per risolverlo, con la preoccupazione di molti insegnanti per i quali risulta evidente la fatica nel raggiungere tutti gli alunni all’interno delle proprie case, mette in luce uno degli aspetti che definiscono il fenomeno del divario. Infatti, se l’accesso costituisce la condizione necessaria senza la quale risulta impossibile accedere alle risorse offerte da Internet, alle diverse piattaforme e applicativi attraverso i quali è data la possibilità di continuare a fare scuola, tuttavia è anche necessario – e forse soprattutto in questa fase che ci permette di rivalutare e comprendere il digitale come ambiente naturale – andare a fondo del problema, per coglierne la multidimensionalità e il carattere di urgenza oltre l’emergenza.

Non risulta, infatti, difficile constatare che la presenza del divario ha reso manifesta nelle nostre scuole la considerazione ancora diffusa delle tecnologie digitali come strumento: concepite come dispositivi, attrezzature e infrastrutture di rete, non sono realmente integrate nelle pratiche didattico-educative degli insegnanti. L’emergenza ha posto di fronte ad un problema – quello del divario digitale – insegnanti, dirigenti e anche il Ministero, che ha stanziato delle risorse (forse insufficienti) a favore sia delle istituzioni scolastiche, che degli studenti meno abbienti. Tuttavia, il rilievo della dimensione materiale del problema, preminente in questo tempo in cui il digitale è divenuto un “surrogato necessario”, oltre agli interventi e alle soluzioni adottate, non deve e non può prescindere da una comprensione ampia e multilivello, da un approccio culturale che interessa direttamente le questioni delle pari opportunità e dell’equità digitale. Sotto il termine di “divario digitale” oltre l’accesso a Internet rientrano, infatti, anche le dimensioni dell’uso e della competenza e la capacità di trarre vantaggio in termini di opportunità e benefici nella vita quotidiana. Non si tratta di livelli separati ma continui, di divari al plurale che sostanziano la presenza di disuguaglianze digitali, strettamente intrecciate con le disuguaglianze presenti nella sfera sociale, che determinano nuove forme di esclusione.

La complessità del problema si colloca contro soluzioni semplici o provvisorie che lo attutiscano, richiamando invece ad una necessaria e rinnovata assunzione di responsabilità educativa condivisa tra tutti gli attori della comunità educante, il cui impegno, come si è già potuto osservare in alcuni casi in queste settimane, si innerva nella relazione con il territorio, attraverso esperienze virtuose e solidaristiche di istanza democratica e innovatrice.

Questo tempo (fase scolastica e di sviluppo dei media digitali) e, soprattutto, le caratteristiche delle nuove tecnologie ci fanno ben comprendere e rendono evidente “alla don Milani” il rischio di un nuovo “far parti uguali tra diseguali”, che diventa ancor più accentuato se io dirigente, io insegnante, io educatore mi rendo complice, o addirittura esaspero, le disuguaglianze che già ad un primo livello colpiscono su più fronti le famiglie svantaggiate per censo, per istruzione, per età.

Tra le diverse acquisizioni nei termini di insegnamenti (veri e propri segni lasciati da questa fase) e più in generale dentro una rinnovata attenzione e riflessione pedagogico-didattica, spendibili nella scuola post-emergenza, risulta senza dubbio fondamentale includere a fianco dell’uso educativo dei media digitali, protagonisti nelle nostre vite, la progettazione di percorsi mediaeducativi, che richiama all’integrazione della Media Education nel curricolo. La dimensione culturale del problema riguarda fortemente la cittadinanza e la partecipazione alla società informazionale, nella quale sono richieste competenze plurali e dinamiche e il cui sviluppo e la cui acquisizione interessano anche il lavoro dell’insegnante. Esso dev’essere non più e non solo orientato agli aspetti tecnici e strumentali dell’uso delle tecnologie, ma anche ai linguaggi, agli alfabeti, allo sviluppo del senso critico e della responsabilità, alla riflessione intorno alle pratiche mediali.

Il problema del divario digitale, meglio definito nel contesto dell’istruzione e dell’apprendimento ponendo l’accento sulle disuguaglianze digitali e sociali, si scontra direttamente con il “fare scuola” e quindi con le pratiche didattico-educative. In particolare, mette in primo piano la formazione e il possesso di competenza degli insegnanti, la comprensione e l’intervento all’interno dei contesti abitativi delle famiglie socialmente svantaggiate – non solo in questo momento in cui la scuola si è trasferita a casa – e interpella direttamente sulle condizioni per la costruzione dell’uguaglianza delle opportunità. Nessun alunno è escluso veramente, non solo se dispone di dispositivi e connessione per l’apprendimento dentro e fuori la scuola, ma se viene messo nelle condizioni di sviluppare nuove competenze per agire con e nei media digitali, se si guarda all’oggi della sua crescita, della costruzione dei significati, delle conoscenze e delle abilità attraverso le nuove tecnologie. In poche parole, se il digitale a scuola si configura come opportunità e risorsa non strumentale, ma culturale, secondo le linee di intervento e gli indirizzi metodologici della Media Education.

Per approfondire:
Webinar “Leggere e ridurre il divario digitale dai dati alle proposte” – Stefano Pasta
La didattica al tempo del Covid-19: quando la scuola colma il divario digitale – Angela Fumasoni

Altre esperienze dalla Laurea Magistrale in Media Education:
Un media educator in azienda? In Sky è possibile – Alberto Ciresola
CSR, azienda, scuola e territorio: il Curricolo di Educazione Civica Digitale tra videointerviste e survey – Bruno Minini
Cosa c’è di educativo nella robotica e nelle tecnologie digitali? Il caso di DigitusLab – Valentina Piccoli
[Diario dal Brasile] Quattro puntate in viaggio con un media educator – Matteo Mancini
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