Fake news e odio (non solo online)

di Alessandra Carenzio

Fake news e odio (non solo online)

Fake news e odio (non solo online)


di Stefano Pasta


In Francia 28 attacchi antizigani hanno preso di mira persone rom dal 25 al 28 marzo, fino ad arrivare al linciaggio. La causa? Una falsa notizia, resa virale dai social network con milioni di visualizzazioni, che accusava i rom di “rubare i bambini” e di essere “coinvolti in traffico d’organi”.

Questa fake new, che ha portato ad atti gravi mostrando la piena continuità tra online e offline (dall’accusa nel Web 2.0 alla violenza fisica), non è nuova nella storia di pregiudizi e stereotipi che caratterizzano l’antigitanismo (si veda: www.romsintimemory.it).
Eppure, alcuni studi rigorosi, come quello di Sabrina Tosi Cambini, hanno mostrato come questa falsa idea, sebbene radicata nelle nostre pedagogie popolari implicite, sia completamente falsa; l’antropologa dell’Università di Verona, in una ricerca sostenuta dalla Fondazione Migrantes, ha analizzato tutti i 29 casi di presunti “furti di minore” da parte di un rom, avvenuti in Italia dal 1985 al 2007 e per cui era stato aperto un procedimento penale: nessun caso si è concluso con una condanna, ma invece con assoluzioni e smentite.

Non è una fake new nuova dunque, ma di quanto sta avvenendo in Francia in questi giorni preoccupa l’intensità e la violenza degli attacchi: in questo processo – e nella sua intensificazione – i social network stanno giocando un ruolo decisivo.
In questo articolo per The Conversation ne parla il sociologo Tommaso Vitale di SciencesPo, riflettendo sui processi di elezione a gruppo bersaglio, di categorizzazione, di propagazione dei linciaggi.

Per leggere l’articolo: https://theconversation.com/lynchages-de-roms-les-mecanismes-du-stereotype-114517
Versione in inglese: https://theconversation.com/why-are-roma-people-being-attacked-in-france-115030

Il sociologo dell’università di Parigi nota come le “echo chambers” e la “post-verità” attivino un processo di rafforzamento delle proprie opinioni di partenza, in questo caso stereotipi e pregiudizi completamente falsi. Alcune caratteristiche del Web 2.0 facilitano poi la propagazione dell’odio e la canalizzazione contro il bersaglio: sempre più decisioni prese dalla nostra mente in base al sistema 1 (quello veloce e intuitivo) rispetto al 2 (razionale e lento), il ruolo dei meme e delle immagini, la banalizzazione dei contenuti e i nuovi canoni di autorialità (tra cui il numero di like e condivisioni), la superficialità di alcuni comportamenti di cyberstupidity che ci portano a essere poco responsabili in Rete.

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