Raccontiamo il bello che ci abita

di Stefano Pasta

Raccontiamo il bello che ci abita

Raccontiamo il bello che ci abita


di don Marco Rondonotti

Il messaggio scritto da Papa Francesco in occasione della 54° Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, e reso noto lo scorso 24 gennaio in occasione del ricordo del patrono dei giornalisti, San Francesco di Sales, è fortemente dedicato alla narrazione. Il motivo di tale scelta è dichiarato fin dalle primissime battute, dove si dice con fermezza che “per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone: storie che edifichino, non che distruggano; storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme”.

L’importanza della narrazione ci è presentata almeno su tre livelli; il primo ha a che fare con la propria dimensione personale, dal momento che gioca un ruolo decisivo nella conoscenza di sé e nella capacità di analisi della propria esperienza di vita: “Raccontare a Dio la nostra storia non è mai inutile” – scrive il Papa – “anche se la cronaca degli eventi rimane invariata, cambiano il senso e la prospettiva”. Da tempo siamo consapevoli della potenza della narrazione autobiografica, pratica che invita a compiere un paziente ma indispensabile lavoro di selezione degli eventi che popolano il nostro quotidiano; in questo modo possiamo sia mettere in evidenza gli episodi essenziali sia scartare quello che non ci sembra così fondamentale. Questo discernimento consente di fare il punto sulla nostra vicenda personale. Papa Francesco ci invita a pensare che quando la nostra autobiografia è scritta alla luce della presenza di Dio, si creano le condizioni necessarie per comprendere la verità di sé. “Raccontarsi al Signore è entrare nel suo sguardo di amore compassionevole verso di noi e verso gli altri”: sapersi guardare attraverso uno sguardo illuminato dal gusto del Vangelo è dunque indispensabile per costruire passo a passo una salda identità cristiana. Le narrazioni sono importanti anche perché, grazie alla loro capacità di includere la dimensione emotiva e quella evocativa, consentono alle persone di mantenere vivo il ricordo di ciò che si è compreso, di quanto si è percepito come autentico e vero.  Affidarsi a Dio significa anche lasciare a lui la possibilità di correggere le frasi rimaste incompiute: “Con Lui possiamo riannodare il tessuto della vita, ricucendo le rotture e gli strappi. Quanto ne abbiamo bisogno, tutti!”

Quando poi capita di poter riproporre le nostre narrazioni agli altri, queste si consolidano; ed è proprio qui che si delinea un secondo possibile livello di lettura circa l’importanza delle narrazioni: la capacità di sostenere una interazione simbolica tra narratore e ascoltatore. Questo è ancora più evidente con la presenza del digitale in quanto, offrendo l’utilizzo di differenti piattaforme e mezzi di trasmissione, facilita la condivisione di valori, di idee e simboli. La Rete rende possibile il vivere esperienze pienamente immersive, di condividere contenuti e sentirsi parte viva di quella specifica narrazione che “riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri”. Questa immagine evocativa dice come il sentirsi parte di una stessa storia apra anche alla bellezza di percepirsi come protagonisti nelle vicende che tessono la trama delle relazioni sociali in cui siamo immersi; si tratta di una consapevolezza importante per sentire le differenti appartenenze come ricchezza e non come ostacolo, per accorciare le distanze tra i gruppi e le stesse persone.

Ma il testo del messaggio ci suggerisce ancora un terzo livello di lettura dell’importanza della narrazione; infatti, facendo riferimento agli insegnamenti che Dio stesso dona al popolo di Israele in viaggio verso la Terra promessa, Francesco sottolinea che: “L’esperienza dell’Esodo ci insegna che la conoscenza di Dio si trasmette soprattutto raccontando, di generazione in generazione, come Egli continua a farsi presente. Il Dio della vita si comunica raccontando la vita.”

Questo significa che a ciascuno di noi è affidato il compito di saper recuperare, nel groviglio delle notizie sempre più confuse e urlate che si accavallano quotidianamente, il filo rosso della grande Storia della Salvezza; tra le storie delle persone sono nascosti i frammenti da ricomporre per svelare la bellezza della presenza di Dio in mezzo agli uomini. Si tratta di un compito da svolgere attraversando anche le pieghe più buie della storia dell’umanità e le più brutte vicende umane; possiamo infatti essere certi che, come ci ricorda ancora papa Francesco: “Dopo che Dio si è fatto storia, ogni storia umana è, in un certo senso, storia divina”

Commento al Messaggio per la 53° Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

[Libro] Dalle social network communities alla comunità umanaIl commento al Messaggio del Papa curato da Rivoltella e Maffeis (2019)

[Libro] Fake news e giornalismo di pace. Il commento al Messaggio del Papa curato da Rivoltella e Maffeis (2018)

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