Cittadinanza digitale, Rivoltella e Pasta presso Aiart-Varese

di Maria Cristina Garbui

Cittadinanza digitale, Rivoltella e Pasta presso Aiart-Varese

Cittadinanza digitale, Rivoltella e Pasta presso Aiart-Varese


Sabato 13 novembre 2021 l’Associazione cittadini mediali Aiart ha promosso un evento che si è proposto di affrontare l’impatto sempre più rilevante delle nuove tecnologie digitali nelle nostre quotidianità. L’occasione è l’avvio delle attività nella provincia di Varese, a cui va il caloroso augurio del Cremit, coordinate da Marinella Molinari, insieme al presidente regionale Marcello Soprani e a quello nazionale Giovanni Baggio.

Quale possibile vision per la cittadinanza digitale?

Dopo l’introduzione del dirigente dell’Ufficio Scolastico Territoriale Giuseppe Carcano, il nostro direttore Pier Cesare Rivoltella ha proposto una riflessione dal titolo Il digitale a scuola tra comunicazione e trasmissione, che riportiamo con alcuni rilanci.

Quale valore della comunicazione e della trasmissione?
Régis Debray (2018) costruisce un approccio innovativo alla teoria della comunicazione che inserisce come mediologia: <<Un giornalista comunica, un professore trasmette. Per comunicare basta interessare, per trasmettere bene occorre trasformare se non addirittura convertire>>.

Quale capacità dell’insegnante di cambiare il punto di vista dei suoi allievi? La conversione è il cambiamento strutturale delle cose.

Quale punto di partenza per Debray?
La comunicazione è un aspetto della trasmissione.

Comunicare significa trasportare un’informazione nello spazio, trasmettere significa trasportarla nel tempo. Se la trasmissione opera nel trasferimento temporale che ha a che fare con la capacità di lasciare traccia della cultura di un popolo: trasferire la memoria collettiva da una generazione all’altra.
La trasmissione viene ricondotta ad un compito strutturale della scuola: trasmettete cultura.

Qual è il problema oggi?
Siamo vivendo una crisi della trasmissione. Quali aspetti salienti?
– La nostra società si definisce orizzontale, in quanto abbiamo assistito alla liquidazione dell’autorità: la trasmissione diviene difficile.
– Il gap tra le generazioni si sta allargando sempre più.
– La crescita esponenziale delle informazioni all’interno della società informazione le rende intotalizzabili. Quale lavoro della memoria? Nella società attuale non riusciamo ad avere uno sguardo di insieme anche nella più piccola parte della nostra cultura.

Come si può pensare il ruolo del digitale?
Sarebbe interessante impostare la risposta legandola alla trasmissione.
La scuola fa solo comunicazione digitale quando utilizza il digitale come occasione di marketing, per darsi un’immagine più giovanile e spera di parlare il linguaggio dei giovani accorciando il gap culturale. Succede anche quando lo si confonde con l’innovazione, se fa del digitale uno strumento per avvicinarsi al mercato.

Come una scuola fa davvero trasmissione digitale?
– Se prova con serietà a declinare la tradizione con l’innovazione;
– se ripensa allo statuto epistemologico delle singole discipline;
– se comprende che dal digitale passa la possibilità dei giovani di interpretare la loro cultura;
– se crea ponti che mettano in comunicazione i contesti formali con quelli informali e non formali (Potter e McDougall, 2017).

Per collocarsi in questo contesto serve un atteggiamento che non sia di vagheggiamento dei “bei tempi andati”, in quanto <<abbiamo un’occasione fantastica di non pretendere più il ruolo principale: così sopravviventi non cercheremo più di raggiungere la vetta, ma creeremo luce dolce. Un inizio minuscolo di una piccola storia: un balzo in avanti>> ricorda Michel Serres (2018).

Pier Cesare Rivoltella, Direttore di CREMIT

Tra i relatori Stefano Pasta, membro del CREMIT, ha proposto un interessante rilancio legato allo (S)parlare online al tempo della posterità. Il caso dell’immigrazione. Ne segnaliamo alcuni punti salienti:

1. La velocità di pensiero: come possiamo porci nel momento in cui dobbiamo affrontare una situazione? Daniel Kahneman (2012) propone due processi di pensiero ben distinti: uno veloce e intuitivo (sistema 1), e uno più lento ma anche più logico e riflessivo (sistema 2). Se il primo presiede all’attività cognitiva automatica e involontaria, il secondo entra in azione quando dobbiamo svolgere compiti che richiedono concentrazione e autocontrollo. Efficiente e produttiva, questa organizzazione del pensiero ci consente di sviluppare raffinate competenze e abilità e di eseguire con relativa facilità operazioni complesse. Alcuni esperimenti mostrano che, nel web sociale, aumenta la percentuale di decisioni prese in base al sistema 1, in risposta al sovraccarico informativo.

2. La banalizzazione: si assiste alla banalizzazione dei contenuti, come i recenti e gravi accostamenti tra le critiche al green pass e i simboli dello sterminio nazifascista. Talvolta, però, banalizzare con ironia un contenuto può essere una strategia efficace. Un esempio? Gli lanciano una banana, Dani Alves la mangia. Il gesto del giocatore del Barcellona, che nel 2014 ha raccolto e mangiato il frutto lanciato dagli spalti a Villarreal, ha fatto il giro del mondo: da quel gesto parte una campagna social che permette a persone di tutto il mondo di copartecipare. Quali possibili strategie adottare per riuscire a intervenire circa l’elevazione a bersaglio?

3. Autorialità: quale cesura nella selezione del sapere? Nel web 2.0 quali sono i criteri con cui noi selezioniamo le fonti?
I parti e sempre più l’algoritmo, una modalità di selezione che prevede una individualizzazione delle fonti seguendo i gusti di ciascuno.

C’è un forte spazio educativo nel web per potersi inserire nel dibattito attivo sui social: la riflessione culturale porta ad allontanare alcune istanze dal “dicibile della comunità”, per porle a margine. In “Razzismi 2.0. Analisi socio-educativa dell’odio online”, Pasta parla di “rottura di alcuni tabù” analizzando il dibattito onlife sui processi di elezione a bersaglio.
Quale regime discorsivo di riferimento? Occorre riflettere sulla postverità, ossia quel tipo di discorso relativo a o descrittivo di circostanze in cui i fatti oggettivi sono meno influenti nel formare l’opinione pubblica del ricorso all’emozione e alle convinzioni personali.

#condividere significa #appartenere ad una #comunità.

Stefano Pasta, ricercatore UCSC e membro di CREMIT

Per approfondire:

Univ. Cattolica del Sacro Cuore
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