Rivista EAS. Gennaio 2024

di redazione

Rivista EAS. Gennaio 2024

Rivista EAS. Gennaio 2024


Il numero di gennaio della Rivista EaS. Essere a Scuola propone di indagare tre aspetti importanti nella pratica didattica:

  • crescere con le storie
  • leggere per capire e capirsi
  • isolamento creativo

Condividiamo qui l’editoriale di Pier Cesare Rivoltella, il sommario del quinto numero.

Ci sono due domande che tormentano gli insegnanti quando si parla di lettura.
La prima è se leggere su carta o su schermo sia la stessa cosa. L’idea è che leggere su carta sia meglio, che forse favorisca l’apprendimento, anche perché la pagina si può sottolineare, evidenziare, annotare a margine: in breve è possibile farla propria. Tutto questo parrebbe meno semplice quando il testo da leggere è disponibile su uno schermo di gitale.
La seconda domanda è se oggi si legga meno rispetto a un recente passato. E qui l’idea è che la com- parsa degli schermi abbia inibito la voglia di leggere e di conseguenza abbia prodotto una diminuzione sensibile del tempo a essa dedicato.
Di fatto il problema della lettura a schermo è molto più complesso di quanto non sembri e non è per nulla vero che leggere a schermo non favorisca gli apprendimenti. Allo stesso modo, non è vero che si legga di meno, anzi si legge di più: il problema è che tra i testi che producono questo risultato non si so- no solo romanzi o giornali, ma anche i social e l’instant messaging.

Cosa significa leggere?

Dietro a queste domande manca spesso una riflessione approfondita sul significato del leggere. Diciamo subito che non si tratta di un’attività naturale. Noi non siamo affatto nati per leggere. Non siamo dotati alla nostra nascita di “neuroni della lettura”. Imparare a leggere significa, neurologicamente, come fa ben comprendere Dehaene (2007), ri-specializzare per la lettura dei neuroni che di per sé non sarebbe- ro destinati a quel compito.

L’atto della lettura è un atto complesso: in circa 5/600 millesimi di secondo si susseguono una serie in- credibile di operazioni che hanno bisogno di essere addestrate per sostenere l’attività di un lettore matu- ro. Lo fa vedere bene Maryanne Wolf (2007) in un libro divenuto celebre. Diventare un buon lettore è un’avventura che inizia quando si è ancora molto piccoli e vi è una maggiore possibilità di diventarlo se proprio quando si è ancora piccoli qualcuno ci legge delle storie ad alta voce: ampliamo il nostro parco vocaboli, impareremo più in fretta a leggere, diventeremo da grandi migliori lettori.

Naomi Baron (2012) distingue tre tipi di lettura: si può leggere su carta, a schermo e… con le orecchie. L’allusione, nel terzo caso, è chiaramente agli audiolibri e ai podcast, forme di “lettura” che stanno vi- vendo una stagione di grande rilancio. Scrive la Baron: «Ogni mezzo ha i suoi pro e contro. La stampa è familiare, dà una sensazione fisica, ha un odore ed è semplice da personalizzare con annotazioni. È anche più adatta se ci si trova a riflettere su concetti astratti o a leggere testi lunghi. I libri digitali sono di solito meno costosi, molto convenienti e particolarmente adatti per la ricerca. L’audio è portatile e facile da ascoltare se si è sul tapis roulant. Soprattutto se c’è un buon narratore, l’audio può stimolare l’immaginazione e aiutare a provare empatia verso i personaggi di fantasia. L’audio può anche essere uno strumento prezioso per coloro che hanno una visione limitata o problemi derivanti dalla dislessia o da deficit di attenzione/iperattività» (Baron, 2012). Ogni dispositivo e supporto ha le sue caratteristi- che, i suoi aspetti positivi e negativi.

Lettura superficiale, lettura profonda

Le prove INVALSI da qualche anno mostrano le difficoltà degli studenti italiani nella lettura. Non è che abbiano disimparato a leggere, o che a scuola non lo si insegni più. Il problema è legato alla crisi della cosiddetta lettura profonda (o attenta, critica, ravvicinata).
Sven Birkerts (1994) individua alcuni caratteri distintivi di questo tipo di lettura: presuppone la cono- scenza del contesto (background knowledge), come quando per comprendere fino in fondo la tragedia di Antigone occorre sapere cosa sia l’orizzonte del tragico e cosa comporti per l’individuo; implica che il lettore sappia mettere in prospettiva il contenuto del testo (perspective taking) posizionandosi, come quan- do si legge Madame Bovary mettendosi dal suo punto di vista ed empatizzando con lei; comporta di fare inferenze, ovvero di immaginare che conseguenze possano discendere da alcune scelte, un’attività mol- to comune soprattutto quando si leggono romanzi di avventura o polizieschi. Umberto Eco chiamava questa abilità di ricavare inferenze “passeggiata inferenziale”: «[…] il lettore ha bisogno di uscire fuo- ri dal testo, di confrontarlo con altri testi già conosciuti, di dedurre dalle somiglianze con essi eventuali analogie di comportamento: questo è ciò che si chiama passeggiata inferenziale».

Perché questo tipo di lettura è in crisi? Dipende dal fatto che si legge sugli schermi digitali? La risposta che ho dato – e che ho argomentato – in Tempi della lettura (Rivoltella, 2020), è che dipende dalla velo- cità, anzi dall’accelerazione. Non si può leggere in maniera profonda se non si ha tempo da dedicare all’atto della lettura: la lettura profonda ha bisogno di lentezza.

Tutto mi transferisco in loro

Il 10 dicembre del 1513 Machiavelli, dal suo esilio all’Albergaccio, scrive al suo amico Francesco Vet- tori, ambasciatore dei Medici presso la Santa Sede. La lettera si può considerare un piccolo manifesto della lettura profonda: «Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito conde- centemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro».

Credo che si faccia fatica oggi a pensare di poter dedicare quattro ore al giorno per perdersi in un libro. Ma quello che descrive Machiavelli è esattamente quello che succede: si entra in dialogo con il libro, il tempo è sospeso, si perde cognizione di quel che ci circonda, si dimenticano fatiche e guai, ci si trasfe- risce letteralmente dentro quello che si sta leggendo. Si tratta di un’esperienza assimilabile a quella del flow così come la descrive Csíkszentmihályi (1975), o a quella della risonanza come la descrive Rosa (2022): un’esperienza che nel nostro tempo fatto di accelerazione diventa spesso difficile vivere. L’acce- lerazione e non il digitale è il vero nemico della lettura. Occorre prenderne nota.


Per approfondire:

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