di Alessandra Marini, dottoressa in Scienze della Formazione Primaria e docente Scuola Primaria
La progettazione qui presentata è stata sviluppata nell’ambito della mia tesi di laurea intitolata “Tra algoritmi e corpi nella scuola primaria. Esplorare e integrare le pratiche di coding unplugged in relazione all’apprendimento embodied”, per il corso di Scienze della Formazione Primaria presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Brescia, sotto la supervisione della professoressa Simona Ferrari, relatrice, e della professoressa Federica Pelizzari, correlatrice.
Il progetto, denominato “Coding unplugged: giochi psicomotori e percorsi di orientamento”, si fonda sulla struttura EAS (Episodi di Apprendimento Situati), articolata in tre fasi: una preparatoria con la presentazione dello stimolo, una fase laboratoriale dedicata alle attività pratiche e, infine, un momento di riflessione e condivisione dell’esperienza.
Come suggerisce il titolo, l’intervento si concentra sul coding, in particolare sulla modalità unplugged, ovvero attività di coding senza l’ausilio di dispositivi elettronici, spesso non disponibili nelle scuole. Questa metodologia consente ai bambini di sviluppare il pensiero computazionale, inteso come la capacità di scomporre problemi complessi e individuare soluzioni efficaci, utilizzando il corpo come strumento di apprendimento secondo il principio del learning by doing.
Ho scelto di integrare l’ambito motorio con l’informatica considerando che la classe oggetto della mia osservazione è composta da 18 alunni di prima primaria, tutti non italofoni e di recente arrivo in Italia. Data la presenza di difficoltà linguistiche, il progetto è stato sviluppato privilegiando l’espressione corporea ed emotiva piuttosto che l’uso verbale. Il corpo, infatti, rappresenta un linguaggio universale in grado di facilitare la comunicazione, la relazione e il senso di appartenenza.
Fasi del progetto: il coding attraverso il corpo
Prima fase: Introduzione alla lateralizzazione e al movimento
L’obiettivo del primo incontro è stato quello di verificare le conoscenze dei bambini rispetto i concetti di lateralizzazione: destra, sinistra, avanti, indietro. Dopo una breve un’introduzione in classe ci siamo spostati in palestra, dove i bambini si sono messi in fila orizzontale, ciascuno accanto a un cerchio. Seguendo le mie indicazioni, hanno saltato dentro o fuori dal cerchio. Per aiutare l’orientamento, inizialmente avevano un bracciale azzurro al polso sinistro e uno rosso al polso destro. Successivamente, senza i bracciali, hanno riflettuto su come orientarsi autonomamente, stimolando la capacità di orientamento spaziale.
Nella seconda parte, i bambini hanno giocato a “gioco dello specchio”, eseguendo azioni coordinate a coppie, come alzare il braccio destro o la gamba sinistra. Evidenziando il come destra e sinistra possano sembrare invertite e su come uno dei due dovesse imitare esattamente l’altro per far combaciare i movimenti. Infine, in classe, abbiamo ripreso i concetti di lateralizzazione e schemi corporei usando fotografie scattate durante l’attività come spunto di riflessione.
Seconda fase: Storia stimolo
Nel secondo incontro, tenendo conto che la classe era composta da bambini con difficoltà linguistiche, ho iniziato ponendo domande per accertarmi che conoscessero il termine “tana” e, dopo un breve brainstorming, ho chiesto loro di disegnarne una, secondo la propria immaginazione. Chiarito il concetto, abbiamo proseguito con la visione di un PowerPoint ispirato al libro “Dov’è la mia tana?” di Emanuela Bussolati, che racconta il viaggio di un topolino alla ricerca del suo rifugio, nel quale incontra vari animali e le loro tane. Al termine, abbiamo discusso rispetto gli animali incontrati e riflettuto su come ciascuno raggiunge la propria tana.
A seguire, ho proposto un’attività manuale in cui ogni bambino ha realizzato una collana ispirata agli animali della storia. Le istruzioni erano simboliche, per facilitare la comprensione: ritagliare un cerchio colorato, colorare una sagoma animale, incollarla sul cerchio. Questa attività ha stimolato autonomia, creatività e senso di responsabilità. Infine, con il mio aiuto, i bambini hanno forato il cerchio per inserire un nastrino colorato, creando così una collana che è poi stata utilizzata nell’incontro successivo.
Terza fase: Scacchiera di movimento
Nel terzo incontro, abbiamo lavorato sulla programmazione attraverso il gioco motorio, utilizzando una scacchiera a misura di bambino e tessere di movimento. L’obiettivo era sviluppare la capacità di orientarsi consapevolmente nello spazio, utilizzando come riferimento concetti fondamentali come destra e sinistra. Dopo una breve introduzione, ci siamo trasferiti in palestra, dove i bambini, divisi in coppie, dovevano impersonare un animale della storia letta e programmare il percorso per arrivare alla propria tana. Usando le collane create precedentemente, ogni bambino doveva spostarsi (l’esecutore) seguendo le indicazioni date dal compagno (il programmatore), avanzando o indietreggiando di una casella o ruotando su sé stessi. L’attività ha stimolato la loro capacità di seguire sequenze e risolvere problemi in modo creativo.

Quarta fase: Programmazione con il robot didattico
Nel quarto incontro ho introdotto ai bambini il robot didattico “CodyRoby”, offrendo loro l’opportunità di comprendere in modo pratico cosa significhi programmare. Dopo una breve introduzione teorica sul concetto di programmazione, i bambini hanno utilizzato frecce colorate per impartire comandi visivi al robot, organizzandosi in squadre. Ogni gruppo ha definito un punto di partenza e uno di arrivo, progettando un percorso che il robot avrebbe dovuto seguire. Cody ha eseguito le istruzioni date dai bambini, che si sono comportati come veri programmatori, sviluppando così pensiero logico e spirito di collaborazione.
Al termine dell’attività, abbiamo riflettuto insieme sulle difficoltà incontrate, le soluzioni trovate e le emozioni provate durante l’esperienza. A conclusione dell’incontro, i bambini hanno realizzato un cartellone riassuntivo sui principali aspetti della programmazione, appeso poi in aula come promemoria e stimolo per le attività future.
Quinta fase: Riflessione e autovalutazione
Nel quinto incontro del progetto, dopo un’attività pratica basata sull’uso del corpo e delle mani, è stato organizzato un momento di riflessione per favorire l’elaborazione dell’esperienza e il confronto tra pari. I bambini, quasi tutti non italofoni, sono stati sostenuti nell’espressione delle proprie emozioni attraverso il disegno individuale su una carta bianca.
Al centro dell’aula erano disposti tre fogli raffiguranti un robot sorridente, neutro e triste. Dopo una discussione, ciascun alunno ha scelto il robot che rappresentava il proprio stato d’animo, attaccandovi un ingranaggio con il proprio nome. I banchi disposti in cerchio hanno favorito la partecipazione e il dialogo, dando vita al “robot delle emozioni”, una rappresentazione collettiva del vissuto emotivo della classe. L’incontro si è concluso con una scheda di autovalutazione facilitata, in cui i bambini hanno indicato il proprio grado di soddisfazione rispetto al contributo dato, usando faccine espressive.

Sesta fase: Caccia al tesoro
Nel sesto incontro, è stata proposta una caccia al tesoro basata su una finta e-mail da parte di CodyRoby, che chiedeva aiuto perché aveva perso un ingranaggio durante una visita alla scuola. I bambini, divisi in gruppi, hanno seguito mappe con frecce colorate e numeri indicanti direzioni e passi da compiere. L’attività si è svolta nel cortile scolastico, attraverso quattro tappe (scivolo, altalene, cancello, quercia), e si è conclusa con il ritrovamento dell’ingranaggio da parte del primo gruppo, premiato simbolicamente con caramelle poi condivise con tutti. Ogni alunno ha ricevuto un piccolo ingranaggio come ricordo, seguito da un’ulteriore e-mail di ringraziamento da CodyRoby. L’esperienza ha rafforzato le competenze topologiche, il lavoro di squadra, le abilità cognitive e il senso di appartenenza al gruppo.
Valutazione del percorso: Metodologia e Risultati
Durante il percorso educativo ho adottato una metodologia strutturata per la raccolta e l’analisi dei dati, utilizzando una griglia d’osservazione organizzata in righe e colonne. Ogni riga riportava le competenze da osservare, suddivise in dimensioni e indicatori.
Le competenze valutate erano due: la competenza socio-relazionale (collaborazione, lavoro di gruppo, comunicazione, rispetto delle regole e gestione dei conflitti) e la competenza motoria cognitiva legata al coding embodied (capacità di usare il coding per risolvere problemi).
A ogni indicatore veniva assegnato un punteggio da 1 a 4, dove 1 indicava “no” e 4 “sì”. I bambini sono stati osservati in più incontri e valutati su ciascun indicatore. I dati raccolti sono stati sintetizzati in una griglia finale, da cui ho calcolato medie e varianze per monitorare l’evoluzione individuale e collettiva. Infine, ho utilizzato grafici e linee di tendenza per visualizzare i progressi, confrontando gli incontri e individuando miglioramenti o difficoltà. Questo approccio mi ha permesso di ottenere un quadro chiaro e dettagliato dello sviluppo delle competenze nel tempo.

Conclusioni: un’educazione inclusiva e pratica
Il coding unplugged è un approccio educativo che sviluppa il pensiero computazionale senza l’uso di dispositivi elettronici, attraverso attività ludiche e motorie. È particolarmente adatto ai bambini più piccoli perché stimola logica, motricità globale e consapevolezza corporea in modo naturale e coinvolgente.
Nel mio percorso ho osservato come, applicato in una classe di scuola primaria, questo metodo abbia avuto effetti positivi sia sul piano motorio e cognitivo, sia su quello sociale. Inizialmente i bambini tendevano a scegliere sempre gli stessi compagni di gioco, ma grazie ad attività collaborative come il gioco del “programmatore-esecutore”, hanno imparato a cooperare in modo più aperto e inclusivo.
Le attività hanno inoltre rafforzato le capacità relazionali, promuovendo il lavoro di squadra e il problem solving. Un esempio è stata la caccia al tesoro, dove i bambini hanno collaborato per raggiungere un obiettivo comune, sviluppando fiducia reciproca e condividendo emozioni ed esperienze attraverso momenti di riflessione collettiva. Un altro risultato significativo è stato il miglioramento nella lateralizzazione e nell’orientamento spaziale: molti alunni, inizialmente confusi tra destra e sinistra, hanno mostrato progressi grazie alle attività motorie mirate.
Il coding unplugged presenta numerosi vantaggi: sviluppa il pensiero logico in modo concreto e accessibile, rende l’apprendimento inclusivo anche per chi ha difficoltà linguistiche o tecnologiche, e crea ambienti di apprendimento più equi. Alla luce dell’esperienza svolta, ritengo utile integrare il coding nelle diverse discipline scolastiche (matematica, scienze, arte, musica), per mostrare come il pensiero computazionale possa avere applicazioni trasversali. Tuttavia, queste pratiche sono spesso ancora poco valorizzate nei programmi scolastici. Per favorirne la diffusione, sarebbe utile introdurre strumenti interattivi come robot educativi o piattaforme ludiche (es. Scratch), che rendano l’apprendimento più dinamico. Inoltre, è fondamentale offrire formazione continua agli insegnanti e coinvolgere anche le famiglie, così da creare un ponte tra scuola e casa e promuovere un apprendimento condiviso.
Bibliografia
- CAMERLENGO A., DARIO F., Il pensiero computazionale. Logica e problem solving dallo studente al manager informatico, Flaccovio Dario, Palermo, 2021.
- CECILIANI A., Corpo e movimento nella scuola dell’infanzia: riflessioni e suggestioni per itinerari educativi nella fascia tre-sei anni, Edizioni Junior, Bergamo, 2015.
- BOGLIOLO A., A scuola con CodyRoby. Il coding come gioco di ruolo, Giunti Scuola S.r.l., Firenze, 2018.
- BOGLIOLO A., Coding in Your Classroom, now! Giunti Scuola S.r.l, Firenze, 2018.






