Quando la progettazione didattica diventa uno spazio di cura attraverso il linguaggio videoludico
Di Diana Lorenzini, laureata in Progettazione Pedagogica per i Servizi con i Minori (Unicatt)
La tematica qui presentata è stata oggetto della mia tesi di laurea magistrale intitolata “The Enemy is my Therapy. La ludo-narrativa e i videogiochi come chiave per elaborare il senso della perdita con bambini e adolescenti” per il corso di Progettazione Pedagogica nei Servizi per Minori presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza, sotto la supervisione della professoressa Federica Pellizzari, relatrice, e della professoressa Alessandra Carenzio, correlatrice.
Il progetto nasce dal desiderio di esplorare come il videogioco, spesso associato all’intrattenimento, possa diventare un ambiente educativo e riflessivo, capace di accompagnare bambini e adolescenti nella comprensione della perdita. L’obiettivo è costruire un percorso di Death Education che, attraverso la ludo- narrazione, favorisca consapevolezza, condivisione e crescita personale.
La progettazione si fonda su un framework teorico che intreccia tre diverse prospettive.
La prima è la Death Education, dagli studi di Elisabeth Kübler-Ross, che invita a riconoscere la morte come parte integrante della vita e a promuovere la consapevolezza emotiva come competenza educativa. È un approccio che mira a ridurre l’ansia legata alla morte sostenendo al contempo lo sviluppo di empatia e resilienza.
La seconda è la Ludo-narrazione, incontro tra linguaggio ludico e narrativo, all’interno della quale il videogioco diventa un luogo simbolico in cui si può rappresentare, esplorare e condividere il dolore. Attraverso la narrazione interattiva, il giocatore costruisce connessioni emotive e cognitive che facilitano l’elaborazione di esperienze complesse e può sperimentare scelte e ruoli che gli permettono di trasformare l’esperienza in consapevolezza.
Infine, vi è la Videogame Therapy, metodologia operativa nell’utilizzo guidato del videogioco come strumento per attivare processi di riflessione, autoregolazione emotiva e rielaborazione personale. Questo approccio valorizza la dimensione esperienziale e relazionale del gioco, ispirandosi ai principi della Self- Determination Theory (Ryan e Deci, 2000), secondo cui ogni apprendimento significativo nasce dalla soddisfazione dei bisogni fondamentali di competenza, autonomia e relazione.
Nella scuola primaria il videogioco sostiene l’espressione emotiva e il linguaggio simbolico mentre negli adolescenti favorisce il pensiero critico, l’empatia e la costruzione dell’identità. In entrambi i casi gli interventi si articolano in tre macrofasi, come per gli Episodi di Apprendimento Situato (EAS):
- Fase Preparatoria: definizione degli obiettivi educativi, analisi del gruppo e selezione accurata dei videogiochi adatti in relazione all’età e al contesto. Si va qui a introdurre il tema della perdita attraverso il dialogo, momenti di riflessione e attività in piccolo gruppo.
- Fase Esperienziale: fase di gioco condiviso e guidato in cui l’interazione digitale diventa occasione di cooperazione ed esplorazione emotiva. Tramite l’utilizzo guidato di videogiochi come Gris (2018), Spriritfarer (2020) e That Dragon, Cancer (2016), i partecipanti riescono a vivere esperienze simboliche di perdita e separazione.
- Fase Riflessiva: rielaborazione collettiva mediante scrittura o disegno per trasformare l’esperienza ludica in apprendimento significativo grazie ad attività di narrazione e discussione collettiva.
La ludo-narrazione può diventare dunque una metodologia educativa per accompagnare i giovani nell’elaborazione della perdita e nella comprensione della propria finitezza, restituendo al videogioco la sua dimensione più autentica di strumento narrativo capace di educare alla vita.
La collaborazione tra psicologi, educatori e docenti permette di costruire un ambiente protetto e inclusivo, dove il videogioco sia un mediatore simbolico e relazionale. Ogni percorso va infatti co-progettato in ottica multidisciplinare intrecciando cura, tecnologia e pedagogia.
L’esperienza di gioco mediata ha stimolato il lavoro di gruppo e la riflessione personale, favorendo un apprendimento che unisce pensiero e affettività. Il videogioco si è rivelato uno strumento educativo efficace perché capace di trasformare l’emozione in parola e la narrazione in crescita. Attraverso la ludo-narrazione e la Death Education, il videogioco si trasforma in un linguaggio pedagogico potente: uno spazio in cui educare al senso della vita e del limite, imparando a riconoscere e accogliere anche le emozioni più cupe.
Bibliografia
- Carenzio A. & Rivoltella P.C, Media education e ambienti di apprendimento, Scholè, Brescia, 2019
- Deci E.L. & Ryan R.M., Self-Determination Theory and the Facilitation of Intrinsic Motivation, Social Development and Well-Being, American Psychologist, 2000, 55(1)
- Duret C. & Pons E., Le jeu vidéo comme médiation thérapeutique, Dunod, Parigi, 2021 Kübler-Ross E., On Death and Dying, Macmullan, New York, 1969
- Rivoltella P.C, Media Education e pratiche di senso, Scholè, Brescia, 2017 Nomada Studio, Gris [Video game], Devolver Digital, 2018
- Ryan J. & Green R., That Dragon, Cancer [Video Gioco], Numinous Games, 2016 Thunder Lotus Games, Spiritfarer [Video Gioco], Thunder Lotus, 2020






