di Matteo Mancini
Il Festival dell’Educazione promosso dal Servizio per la Pastorale Giovanile dell’Arcidiocesi di Pisa ha offerto, lo scorso 25 ottobre, una giornata di confronto significativa sul senso dell’educare oggi, in un tempo in cui le trasformazioni culturali e sociali legate al digitale interrogano profondamente pratiche, linguaggi e relazioni.
La cornice dell’evento – il Palazzo dell’Arcivescovado – ha fatto da sfondo a un percorso che ha intrecciato riflessioni teoriche e pratiche educative, mettendo al centro la qualità della relazione educativa come spazio da coltivare nella complessità del presente.
Le voci del mattino: educazione, gioco e comunità
La sessione mattutina ha visto il susseguirsi di tre interventi che hanno posto l’accento sul rapporto tra educazione, esperienza e legame comunitario:
- Pier Cesare Rivoltella (Università di Bologna), con “Educare al digitale”, ha riletto l’educazione ai media come esercizio di consapevolezza e responsabilità, oltre ogni retorica tecnofila o tecnofoba.
- Gigi Cotichella (Ago Formazione), con “Accompagnare con e nel gioco. Il gioco come parabola di vita per educare e formare”, ha mostrato come il gioco possa essere spazio di apprendimento incarnato, simbolico e relazionale.
- Chiara Scardicchio (Università di Bari), in “Abitare la complessità. Fatica e bellezza del coltivare e custodire comunità”, ha richiamato la dimensione artigianale dell’educare, fatta di gesti quotidiani e cura reciproca.

Il laboratorio di Cremit: una mostra da abitare, non solo da osservare
Nel pomeriggio, il laboratorio “Click & Scroll. Tempo lento per uno sguardo d’umanità e riflessione sul digitale” ha portato in scena una proposta esperienziale che ha “messo in mostra” il digitale in forma di social network fisico.
I partecipanti hanno attraversato un percorso espositivo in cui personaggi storici, artisti, filosofi ed esperti contemporanei “commentavano” l’evoluzione del digitale da differenti punti di vista.
I commenti, i like, i repost non erano algoritmici, ma affidati a post-it e emoticon adesive, utilizzate dai partecipanti come tracce visibili di dialogo.
Lo spazio si è così trasformato in un social network incarnato, dove la comunicazione tornava ad avere peso, lentezza, materialità.
Non si trattava di un esercizio nostalgico, ma di un invito: vedere oltre il codice, cogliere i significati, discernere tra stimolo e risposta, cercare il “bug” nel sistema quando tutto scorre troppo in fretta.
Nel tempo dei click e dello scroll continuo, fermare il tempo è diventato un atto di divergenza culturale: un gesto per ritrovare un nuovo modo di stare in relazione.
Comunità come luogo generativo
La riflessione che ne è emersa è chiara:
la sfida più grande non è solo sapere utilizzare gli strumenti, ma costruire comunità di pratica che accolgano la diversità come orizzonte educativo.
La comunicazione accompagna l’essere umano da sempre; ciò che cambia è il modo in cui scegliamo di viverla.
Un ringraziamento dovuto
Un sentito ringraziamento va all’Arcidiocesi di Pisa e al Servizio per la Pastorale Giovanile per la cura dell’organizzazione e per la cornice di dialogo e bellezza condivisa che ha reso possibile questo incontro.
In un tempo segnato dall’accelerazione, il Festival dell’Educazione ci ha ricordato che educare è, prima di tutto, ritornare al ritmo dell’incontro, dove la relazione si fa spazio di pensiero, ascolto e trasformazione condivisa.








